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Sono ormai trascorsi 90 anni da quando il conflitto passato alla storia con il nome di "Grande Guerra" approdò sui luoghi delle sue ultime battaglie, dopo la famosa "Rotta di Caporetto". Quella che gli Italiani ricordano come la più rovinosa delle loro sconfitte, per l'esercito Austro-Ungarico, appena rinforzato dalle riserve provenienti dal fronte orientale, fu invece una brillante vittoria. Introdusse, nella guerra fra civiltà industriali che era in corso, un concetto nuovo di "guerra-lampo", condotta con l'azione di piccoli reparti che mirarono direttamente all'apparato nevralgico e logistico dell'esercito nemico, facendolo "collassare" per mancanza di coesione tra retrovie e prima linea. Da questa considerazione, relativa al ruolo strategico delle retrovie, riparte lo studio della storia di quegli eventi. Lungo la linea estrema del fronte del Piave, Montello e Massiccio del Grappa si combattè, dopo Caporetto, la Battaglia d'Arresto, che segnò la fine dell'avanzata Austro-Ungarica. Nel successivo giugno 1918 l'esercito Austriaco tentò lo sfondamento del fronte sul Grappa, sul Montello e sul basso Piave. Alla "Battaglia del Solstizio" seguirono mesi di attesa di una contro-offensiva da parte dell'esercito Italiano, durante i quali gli Austriaci soffrirono gravemente tutti i problemi della eccessiva distanza dalle proprie retrovie, con la difficoltà di approvigionamento, aggravati dal protrarsi della guerra. Quando gli Italiani attaccarono, nell'ottobre 1918, trovarono di fronte a loro un esercito sfinito ma comunque fiero e combattivo che diede non poco filo da torcere, al punto che, sulle prime dopo l'assalto sull'Isola dei Morti, si temette il peggio. La situazione si sbloccò con l'intervento a "tenaglia" degli alleati Francesi ed Inglesi che passando rispettivamente sulla stretta di Quero-Vas e sulle Grave di Papadopoli, riuscirono a riunirsi con il contingente Italiano fermo oltre il Piave di fronte Ciano del Montello, sbloccando la situazione. Anche la Battaglia combattuta sul Monte Grappa come azione diversiva non sortì forse le sorti sperate. Pare infatti che l'intento di far stornare agli Austriaci preziose riserve sul massiccio alleggerendo il fronte del Piave, non ebbe l'esito previsto, a causa proprio dell'impossibilità logistica di compiere tale manovra. Non quindi da singoli eroici episodi fu risolto il conflitto, ma da precise valutazioni e responsabilità logistiche e di comando. Tuttavia, appena conclusa la guerra, il nascente Regime Fascista, che nelle persone dei sui fondatori l'aveva propiziata, si impadronì della scena ed operò subito una azione di censura dei segni della sofferenza e di trasformazione dei luoghi del fronte in simboli per la propaganda della vittoria, asse portante dell'intera retorica che dominò il trentennio successivo. Sorsero monumenti in perfetto stile imperiale e si scrissero racconti e libri per narrare le gesta degli eroi. Se fu reso onore al nemico lo si fece per accrescere il valore delle gesta dei vincitori e si abbinarono simboli sacri a quelli militari, per suggellare un accostamento che tutt'oggi sopravvive, nonostante non ci sia niente di più distante dai sentimenti religiosi di tutto ciò che rappresenta la guerra. |
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MONTELLO e PIAVE - La Battaglia del Solstizio e la Battaglia di Vittorio Veneto
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”All’alba tutte le comunicazioni erano interrotte. Nessuno sospettava fosse già avvenuta l’infiltrazione nemica. Alle 10 alle nostre batterie di bombarde nessuna comunicazione era ancora pervenuta. Improvvisamente alle 10 e 15 irruppero alle spalle sul fronte della nostra batteria, la 246ª, che era di 200 metri circa, i mitraglieri austriaci, sparando contro i serventi ai pezzi tuttora intenti a lanciare bombe. La nostra cattura fu cosa di istanti e la sorpresa nostra maggiore fu quella di vedere il nemico risalire il Montello alle nostre spalle. Infatti le linee successive e i Comandi erano già stati catturati da qualche ora. Alle 12 quasi tutto il baluardo era in possesso del nemico, che nel pomeriggio si trovava già sulla strada di Treviso, a Giavera". |
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La visita al Montello e al fiume Piave si svolge nel tratto di fronte compreso tra Cippo degli Arditi e Nervesa, alla ricerca dei segni originali rimasti ed ancora visibili. Numerosi infatti sono i resti dei bunker italiani, mentre delle tante trincee non rimane quasi piú traccia. Il lavoro di ”intombamento” delle linee fu voluto dal governo fascista nell’immediato dopo guerra per cancellare i segni di sofferenza che il conflitto aveva lasciati sul territorio e sostituirli, a fini propagandistici, con più adeguati simboli celebrativi della vittoria, quali sono l’Ossario di Nervesa, il Sacello di Francesco Baracca, il Monumento al Generale Pennella, la Colonna Romana nei pressi dell’Osservatorio del Re, il Cippo degli Arditi, nonché le prese intitolate ad altrettanti eroi e così via. Nell’arco di una giornata si possono visitare quasi tutti questi luoghi, così come è possibile ridurre i tempi ad una mezza giornata (selezionando i contenuti) o programmare un intero week-end sviluppando i temi più adeguatamente. Le escursioni sono alla portata di tutti e si possono svolgere in qualsiasi periodo dell’anno, salvo freddo eccezionale. |
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FRANCESCO BARACCA - Tra mito e leggenda
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”...A sei o sette metri dai rottami dell'apparecchio giace Baracca supino, intatto. E' stato sbalzato fuori dalla carlinga al momento dell'impatto e il rogo dell'aereo lo ha risparmiato. Notiamo una ferita all'occhio destro, alla radice del naso: il braccio sinistro è disteso, aperto; lievemente piegato l'altro; la gamba destra è sollevata un pò all'altezza del ginocchio. Il motore si è conficcato nel terreno; il resto è un ammasso di ferri arsi e contorti. I serbatoi di rame della benzina sono forati; anche la cassetta delle munizioni è perforata in due punti. Scopriamo la verità: Baracca è stato fermato per sempre da un proiettile di mitragliatrice, uno dei tanti che gli furono sparati mentre sorvolava le truppe a bassa quota..." |
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E' proprio durante la Prima Guerra Mondiale che l'aviazione militare diventa adulta. Oggi è l'espressione della potenza e della capacità offensiva degli eserciti, non solo, ma la supremazia aerea diventò presto fondamentale per l'esito di molte battaglie e guerre. La visita al sacello commemorativo dell'asso degli assi dell'Aviazione Italiana, prelude alla riflessione sul ruolo della tecnologia nei conflitti e sulla discrepanza logica tra risorse spese per la guerra in confronto alle esigenze dei paesi poveri e degli uomini che patiscono la fame. Tuttavia è proprio nella tecnologia che la civiltà occidentale ripone le sue speranze per il futuro dell'umanità e la conoscenza della storia dell'aviazione fa parte della conoscenza delle più importanti scoperte dell'uomo. La massima espressione dello sforzo tecnologico dell'umanità è la rincorsa allo spazio dell'universo. Ma i primi passi furono fatti proprio da coloro che iniziarono a volare e Baracca testimonia l'epoca degli esordi. Vicino ai luoghi delle sue vicende, lungo il Piave, esiste una delle più belle ed interessanti collezioni di aerei storici e di fedeli riproduzioni perfettamente funzionanti d'Europa: la "Jonathan Collection", visitabile su richiesta. La ricostruzione dell'aereo del Barone Rosso è tra le sue testimonianze più celebri. |
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